Ridefinizione dei confini e comportamenti a rischio: le due facce della medaglia

L’attrazione per il pericolo, la sfida, la ricerca del nuovo, la ricerca di sensazioni sono tratti caratteristici dell’adolescenza in ogni epoca; una tendenza naturale che si collega alla spinta alla ridefinizione dei confini che l’adolescente deve compiere in questo periodo della vita: ridefinizione dei confini delle relazioni, degli ambienti di vita, delle opportunità e delle esperienze, del proprio spazio di autonomia.

Tuttavia, dall’altro lato della medaglia, questi tratti espongono i giovani a un maggiore rischio per la salute, reso oggi più elevato in una società dove i ragazzi hanno facilmente accesso a sostanze, alcol e auto potenti. Sappiamo che l’adolescenza è la fase di vita con il più alto tasso di mortalità per cause prevenibili ed evitabili. L’UNICEF nel 2020 riporta che tra l’infanzia e l’adolescenza, infortuni per incidenti stradali, annegamenti, violenze e autolesionismo sono le cause principali di morte e disabilità, ovvero cause prevenibili ed evitabili1. Del totale delle morti tra 5 e 24 anni, il 43% avvengono nel periodo tra i 10 e i 19 anni. Negli ultimi anni gli infortuni stradali sono stati la principale causa di morte tra gli adolescenti tra i 10 e i 19 anni di età, con l’incidenza maggiore nella fascia di età compresa tra 15 e 19 anni.

La fine dei riti di passaggio

Nell’epoca contemporanea sono venuti meno i riti di passaggio che nelle società tradizionali segnavano l’entrata dei giovani nella società degli adulti, legittimata dagli stessi: per i maschi si è sempre trattato di “prove di forza” o di coraggio, con un certo grado di difficoltà o di rischio controllato dalle persone adulte (un esempio istituzionalizzato nel passato recente è stato il servizio militare), per le femmine era il riconoscimento dello status di donna dalle altre donne alla comparsa della fertilità.

In assenza di riti socialmente riconosciuti e di adulti, i giovani si creano da soli nuovi riti di passaggio per dimostrare la capacità di “uscire vivi” da prove rischiose, che possono sfociare in azioni “sfrenate”: abuso di alcool, uso di sostanze, risse, corse d velocità sulla strada, challenge rischiose e autolesionistiche.

La scomparsa degli adulti

Accanto alla tendenza iperprotettiva di molti genitori verso i figli adolescenti, quasi cercando di rallentarne la conquista progressiva dell’autonomia mantenendo il controllo sui loro movimenti, negli spazi della città c’è la progressiva scomparsa di figure adulte diverse dai genitori nei luoghi frequentati dagli adolescenti, per cui nell’allontanamento dalla famiglia i giovani si trovano sempre più ad attraversare spazi riempiti solo di altri giovani, con pochi riferimenti adulti alternativi a quelli familiari. Il modello della comunità sociale precedente alle trasformazioni degli ultimi 15-20 anni consentiva ai giovani di conquistare gradualmente spazi di libertà dai genitori costruendo nuove relazioni non solo con i coetanei, ma anche con altri adulti della comunità. Questi erano fondamentali per fornire modelli educativi diversificati, ma anche perché rappresentavano una rete di supporto e protezione ai giovani, percepiti un po’ come “figli della comunità”; al tempo stesso, i genitori potevano offrirsi supporto e riconoscimento reciproco nel loro complesso lavoro educativo. Inoltre, gli adulti con la loro tendenza “conservativa” possono controbilanciare la propensione al rischio e l’impulsività, tratti più spiccati e fisiologici nel periodo adolescenziale.

Quello che vediamo oggi è invece la pressoché totale scomparsa di luoghi per gli adolescenti in cui siano presenti figure adulte – ad eccezione di contesti “di consumo” regolati, come società sportive e corsi – e dall’altra parte, l’isolamento sociale di famiglie che faticano a trovare spazi di supporto e confronto, fatta eccezione per servizi ed enti – anche questi accessibili in genere dietro pagamento – che si occupano di supporto alla famiglia. I giovani meno fortunati respirano l’assenza degli adulti anche dentro le mura domestiche, ad esempio nelle separazioni non ben gestite dalla coppia genitoriale o nei casi di neglect – o trascuratezza emotiva – in cui gli adulti sono presenti fisicamente, ma inconsistenti sul piano relazionale e affettivo per i figli.

Che fare?

Per prima cosa, ricordiamoci che l’adolescenza comporta un aumento della distanza dalla famiglia, ma non la completa indipendenza da essa. Piuttosto, con la crescita l’adolescente dovrebbe attraversare e superare la fase del conflitto con i genitori per accedere a un nuovo rapporto di interdipendenza. I giovani, anche quando non lo danno a vedere, hanno estremo bisogno di figure adulte attorno a loro, sia dentro la famiglia che negli spazi sociali. Dovremmo, come società, mantenere aperti i canali di contatto e comunicazione e ricordare che tutti noi – adolescenti e adulti – abbiamo bisogno di far parte di una comunità unita.

Inoltre, potremmo forse immaginare nuovi riti di passaggio adatti al nostro presente che permettano di nuovo la formazione, da parte degli adolescenti, di legami con adulti diversi dai genitori che possano sostenerli nelle esperienze caratterizzate dal piacere del rischio e dalla voglia di novità, limitandone i pericoli e al tempo stesso facendo esprimere al massimo il potenziale insito in questa fase di vita, come la forza creativa e la capacità di sviluppare nuovi modi di pensare.

La sfida è permettere agli adolescenti di esprimere il loro bisogno di allargare i confini della loro esperienza e soddisfare la naturale tendenza a sperimentare dentro spazi sociali ripopolati da figure adulte e in contesti in cui siano ridotti al minimo i rischi gravi per l’incolumità propria e altrui.

Riferimenti:

1 Levels and trends in child mortality (2020), Unicef.

La mente adolescente (2014), Daniel Siegel, Raffaello Cortina.

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