Approccio di lavoro

La Terapia Cognitivo-Comportamentale

La terapia cognitivo comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy, CBT) è fondata su solide basi scientifiche ed è considerata a livello internazionale uno dei più efficaci modelli di trattamento per disturbi d’ansia, attacchi di panico, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo da stress post-traumatico e numerosi altri disturbi psicopatologici. Le linee guida dell’American Psychiatric Association (APA) e del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) ne hanno attestato l’efficacia di trattamento e cura con risultati pari o in alcuni casi superiori ai farmaci.

Oltre a comprendere numerosi programmi per il trattamento specifico dei disturbi psicologici, è il modello di riferimento per numerosi interventi educativi e preventivi di gruppo, ad esempio rivolti all’infanzia e all’adolescenza.

La CBT riconosce una complessa relazione tra emozioni, pensieri, correlati fisiologici e comportamenti che nella loro influenza reciproca vanno a costituire l’esperienza dell’individuo di fronte agli eventi. Queste reazioni soggettive agli eventi, sia nelle persone sane sia in chi soffre di un disturbo o disagio psicologico, sono spiegabili in funzione di un complesso sistema di credenze basilari e scopi rilevanti per una specifica persona e sviluppati nel corso delle esperienze di vita.

L’originarsi di un disturbo emotivo o comportamentale è quindi spiegabile in buona parte alla luce del sistema di rappresentazioni soggettive con cui la persona valuta la realtà e a essa dà un significato. Il mantenimento dei disturbi è invece ricondotto a specifici fattori operanti all’interno e all’esterno dell’individuo, che impediscono una sua remissione spontanea.

La terapia cognitivo-comportamentale si propone di aiutare i pazienti ad individuare gli schemi disfunzionali alla base dei disturbi, ad esempio quelli che guidano il ragionamento, le relazioni interpersonali e le scelte di vita, al fine di sostituirli e/o integrarli con altri più funzionali al raggiungimento degli scopi rilevanti per la persona.

Alcune caratteristiche della terapia cognitivo comportamentale

Scientificamente fondata

L’intervento clinico è coerente con le conoscenze sui processi mentali derivate dalla ricerca psicologica di base e clinica. Le pratiche cliniche sono guidate dalle evidenze di efficacia, e per questo vengono costantemente aggiornate e migliorate.

Orientata allo scopo

Il terapeuta, fin dai primi incontri, concorda con il paziente gli obiettivi della terapia e il piano di trattamento, spiega l’approccio CBT e il razionale degli interventi che propone. In seguito, con il paziente verifica periodicamente i progressi per controllare se gli obiettivi sono stati raggiunti, se necessario li ridefinisce con lui e contratta quelli successivi.

Pratica e concreta

In genere la terapia inizia mettendo a fuoco i problemi del paziente e il suo funzionamento attuale. L’intervento è inizialmente orientato a ridurre i sintomi e/o a trovare soluzioni a problemi psicologici concreti (es. la riduzione dei sintomi depressivi, la gestione degli attacchi di panico ecc.). In seguito si può decidere di lavorare su aspetti più profondi come gli schemi disfunzionali originati nell’infanzia che condizionano la sofferenza attuale della persona.

Collaborativa

La CBT è una psicoterapia basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Il terapeuta condivide l’analisi del problema e propone un’alleanza tra pari dove entrambi partecipano in modo attivo, ciascuno attingendo alla sua esperienza. Il paziente è coinvolto in un lavoro tra le sedute che può comprendere l’auto-osservazione, esposizioni, esperimenti comportamentali e altri esercizi.

A breve termine, ogni volta che sia possibile

La CBT punta a raggiungere gli obiettivi terapeutici nel più breve tempo possibile e a fornire al paziente la padronanza con cui prendersi cura di sé. L’intervento, nei casi meno gravi o su obiettivi specifici, può durare pochi mesi, mentre può raggiungere o superare i 12 mesi nel caso di patologie più gravi, che possono richiedere l’uso integrato di altre forme di trattamento.

Pratiche di Consapevolezza

Mindfulness è una parola sempre più diffusa…che cosa significa? Questo termine inglese spesso è tradotto con “consapevolezza”, “presenza mentale” o “piena presenza” ma ogni descrizione non è esaustiva e rischia di condurre a idee fuorvianti, dal momento che si tratta di qualcosa non tanto da pensare o capire, quanto da sperimentare.

Mindfulness è uno stato mentale che sorge quando si dirige l’attenzione in modo intenzionale verso ciò che emerge nell’esperienza momento per momento (ad esempio le sensazioni fisiche, lo scorrere dei pensieri, quello che accade nell’ambiente) con un’attitudine accogliente, gentile, saggia.

Che cosa significa in pratica? Ad esempio, che mentre comunichiamo con qualcuno, riusciamo semplicemente ad ascoltare, senza farci condizionare da giudizi preventivi, da una reazione automatica, o senza pensare a cosa diremo quando verrà il nostro turno. O ancora, che quando siamo arrabbiati o preoccupati, sentiamo dove sta la tensione nel corpo e ce ne occupiamo, ad esempio con l’aiuto del respiro, per riportarlo a uno stato ottimale.

Se è difficile descrivere a parole che cos’è la Mindfulness, è più semplice dire quello che non è:

Non coincide con la passività e la rassegnazione: al contrario, ci permette di “guardare in faccia” all’esperienza così com’è con una mente più limpida e calma. Questo stadio di accettazione e “comprensione profonda” della realtà è il primo passo per compiere qualsiasi scelta o cambiamento.

Non è una tecnica di rilassamento: può accadere di rilassarsi mentre si pratica ma non è lo scopo a cui si mira. Il senso della pratica è allenarsi a uno stato di presenza mentale lucida e vigile rispetto a tutto quello che accade (che sia piacevole o spiacevole), a livello fisico e mentale.

Non è una fuga dalla realtà: anche se la pratica di consapevolezza è personale e richiede di prendersi uno spazio per sé, l’obiettivo è portare gradualmente la consapevolezza nella vita quotidiana. Inoltre, i programmi basati sulla Mindfulness per bambini, adolescenti e adulti sono svolti in gruppo e viene sempre incoraggiata la condivisione.

Non è una pratica religiosa, spirituale o mistica: sebbene la maggior parte delle pratiche meditative siano mutuate dalla tradizione buddhista, i programmi basati sulla Mindfulness sono interventi di carattere scientifico basati su evidenze di efficacia e separati da ogni implicazione di tipo religioso.

La Consapevolezza si può allenare attraverso la pratica e l’esercizio. Oggi sono disponibili molti programmi per sviluppare le facoltà di Consapevolezza e presenza mentale, ad esempio:

  • il Mindful Based Stress Reduction (MBSR) rivolto a gruppi di persone adulte
  • programmi basati sulla Mindfulness per gruppi di bambini e adolescenti
  • programmi educativi e scolastici che incorporano tecniche di meditazione integrate ad altri interventi come l’educazione socio-emotiva.

Le tecniche di Mindfulness sono utilizzate anche nel lavoro con il paziente nel setting clinico per raggiungere specifici obiettivi, come diventare più consapevoli del proprio funzionamento o migliorare la gestione dello stress.

Metodi educativi informali e integrati

L’arte

I ragazzi spesso hanno un rapporto viscerale con l’esperienza artistica (musica, cinema, arte visiva…) e a essa affidano i loro vissuti emotivi perché in questa dimensione spesso trovano condizioni esistenziali con cui riescono a identificarsi.

Anche nell’intervento clinico con il giovane le opere artistiche, grazie alla natura evocativa e all’impatto emotivo, possono facilitare l’esplorazione di significati non facilmente traducibili in parole e l’accesso a una consapevolezza più profonda e integrata di sé.

Il gioco

A volte ce ne dimentichiamo, ma il gioco non è “affare da bambini” o una perdita di tempo! L’esperienza del gioco sociale costituisce una motivazione umana fondamentale e resta attiva nel corso di tutta l’esistenza. Inoltre, durante la fase evolutiva è una palestra per lo sviluppo di competenze necessarie all’individuo adulto: esistono giochi che allenano l’attenzione e il ragionamento, che stimolano la sensorialità e facilitano l’apprendimento, che promuovono emozioni positive e allenano le abilità sociali.

Infine, il gioco porta nel lavoro clinico – individuale o di gruppo – un’esperienza creativa dove il giovane può esprimersi in libertà e senza paura del giudizio, sperimentare l’identità e conoscere meglio la sua personalità in evoluzione.

L’uso del corpo

La corporeità è un terreno molto delicato nella crescita: i giovani non possono scegliere il loro corpo il cui sviluppo è almeno in parte biologicamente determinato, pertanto i suoi mutamenti dalla pubertà in avanti impongono di ridefinire più volte il proprio Sé corporeo.

Ma si può imparare ad avere un rapporto sano con il proprio corpo: facendo attenzione ai segnali di benessere o malessere che ci invia, imparando ad accettarlo e usando le sue risorse (es. l’uso del respiro, le tecniche di rilassamento) come strumenti per regolare le emozioni e produrre benessere.

Esperienze di gruppo

Il gruppo di pari è uno spazio sociale fondamentale nel quale il giovane costruisce l’identità, sviluppa nuove competenze e trova modelli di riferimento. Il gruppo è anche una metodologia di intervento educativo e terapeutico: in questo contesto di relazioni, ad esempio, i ragazzi acquistano consapevolezza di sé tramite il rispecchiamento con gli altri e sviluppano competenze emotive-sociali tramite esperienze vissute in prima persona.